Pro e contro il cv formato europeo



Leggo spesso su Linkedin, il principale social-network dedicato al lavoro, e ascolto molte persone dove non manca occasione per mettere in discussione il curriculum vitae nel formato europeo.
Molti lo odiano, e ben pochi lo apprezzano. Sento leggere – e dire – che è anonimo, poco personale, denota poco di sé, non rappresenta quel che realmente il lavoratore è. O semplicemente: “E’ brutto”.

A onor del vero ho notato ben poche critiche costruttive. Non basta solo dire male e denigrare: la critica funziona se ha un fine, che mira al miglioramento. Altrimenti è polemica. E con le polemiche, mi si perdoni, non si arriva da nessuna parte. E per criticare bisognerebbe avere un minimo di conoscenza a riguardo.

Il formato europeo lo “incontrai” per la prima volta nel 2008. Prima di allora la creazione di un curriculum era dettata molto dalla competenza e dal gusto grafico/stilistico da parte dell’utilizzatore. Se la persona era confusa, il cv appariva confuso e le informazioni in esso contenuto erano sparpagliate.

Il formato europeo mi spiazzò, quando iniziai a lavorarci. Mi spiazzò positivamente, in quanto finalmente c’era un ordine e una logica. In quegli anni iniziai a collaborare con le principali agenzie per il lavoro, e vidi la mole di curriculum che quotidianamente le impiegate e gli impiegati delle varie filiali ricevevano (e ricevono). Non solo in formato cartaceo, ma anche (e soprattutto) via mail.
Mi misi nei loro panni, e pensai che dopotutto doveva esser comodo anche per loro. Immaginatevi di selezionare e dare una catalogazione mentale a quelle miriade di scritti che investono le vostre scrivanie. Immaginatevi che non stiate facendo solo quello, ma stiate rispondendo al telefono, parlando di persona con colleghi e lavoratori e qualche vostro capo stia monitorando in remoto le vostre attività.

L’europeo abbrevia i tempi di lettura da parte del selezionatore: vede subito a colpo d’occhio quanti anni avete, di dove siete e cosa avete fatto. E per quanto tempo.
Il compito di chi cerca lavoro non deve essere quello dell’originalità, quanto piuttosto quello dell’efficacia del messaggio che vuole passare. Leggo spesso che questo tipo di formato limiti molto la capacità espressiva del candidato. Certo. Perché deve standardizzare un insieme di cluster di informazioni (lavori fatti, studi, corsi, ecc.).

È un curriculum vitae, non è un biglietto da visita: quest’ultimo deve dare un accenno all’altro di chi siete, condensato in un foglietto di pochi centimetri. Nel curriculum abbiamo a disposizione più carta. Dobbiamo essere sintetici, ma non ermetici. Peggio ancora prolissi.

Mi si potrebbe obiettare che allora il formato europeo vale solo per le agenzie per il lavoro. E le aziende che assumono in proprio? La mia personale esperienza mi fa dire che coi tempi che corrono gran parte delle aziende ricorrono alle ApL per le assunzioni. Oppure a qualche agenzia di ricerca e selezione del personale. Le quali dispongono di più tempo materiale per il processo di selezione, ivi compreso più tempo per lo screening dei cv.

Nel complesso però, gran parte della ricerca del personale viene fatto dalle agenzie per il lavoro, che sono spesso realtà multinazionali, con filiali sparse in modo capillare su tutto il territorio nazionale.
Spezzo un’altra lancia a favore dell’europeo: scrivere un buon curriculum (cioè: sintetico, non dispersivo, efficace e rapportato al posto di lavoro che si vorrebbe o in relazione ad un annuncio) non è semplice. Aprire un documento word vuoto e buttare giù nero su bianco chi siamo noi e cos’abbiamo fatto è un’impresa non facile. Specie se i nostri orizzonti di lettura non vanno oltre la timeline di Facebook.

Se leggiamo poco naturale che avremo più difficoltà nello scrivere. Immaginatevi quindi di buttar giù due pagine dove in modo sintetico vi descrivete…
Avere a disposizione un sito internet dove vi agevolano in questo aiuta molto. Anche per chi possiede una mediocre proprietà lessicale dell’italiano, si sforna un cv ragionato, comprensibile e sintetico. Impersonale? Forse si. Ma almeno il prodotto finale, la forma, arriva al suo scopo: far conoscere al reclutatore cosa abbiamo fatto, cosa vorremmo fare e come possiamo esser contattati.

Arriviamo all’epilogo. Una vecchia regola di qualche anno fa diceva che per ogni azienda cui si intendeva proporsi andava fatto un curriculum a sé stante. Una ditta – Un curriculum. Coi tempi che corrono tale criterio è pressoché impossibile da farsi: inviare 100 curricula al mese non è così tanto difficile. E preparare dunque 100 cv diversi rasenta la follia.
Una soluzione potrebbe essere quella di chiedere ai diretti interessati come preferiscono che venga loro consegnato il curricula: via mail, di persona, via posta normale. E in che formato. Per far fronte ad ogni necessità, meglio redigere il resoconto della nostra vita lavorativa anche nell’altro formato.
Cercate di fare sempre un passaggio telefonico prima di inviare questo documento: capirete a chi dovrete rivolgervi e vi preparerete meglio alla consegna. Anche se questa avverrà in modo freddo come una mail. Domandate sempre: domandare è lecito, e rispondere è cortesia.

Formato europeo o formato standard alla fine poco importa. È solo un mezzo.

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